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Il significato del mio naso rosso

Come fai ad entrare in una stanza di un paziente terminale?

Come fai a stare di fronte al dolore altrui?

In questi anni mi hanno posto tante volte queste domande.

Cosa significa per me essere un clowndottore, cosa significa per me indossare il camice ed avere sul naso quel piccolo puntino rosso?

 

Essere un clown dottore con pazienti terminali, sia in ospedale che a domicilio, è un'esperienza straordinariamente profonda e ricca di umanità. Il mio ruolo non si limita a portare un sorriso, ma a creare momenti di leggerezza e connessione, offrendo un sollievo temporaneo dal dolore e dalle difficoltà che accompagnano l'ultima fase della vita.

Quando entro in una stanza con il mio camice colorato e il naso rosso, cerco di trasformare quello spazio, anche solo per pochi minuti, ogni paziente è diverso: alcuni accolgono subito la risata, altri hanno bisogno di un approccio più delicato, un dialogo silenzioso fatto di sguardi e piccoli gesti. La risata non è sempre il fine ultimo: a volte, basta offrire una pausa emotiva, un momento in cui il paziente possa dimenticare, anche solo per un istante, il peso della propria condizione.


Al domicilio, l'atmosfera è spesso più intima e familiare. Qui, il paziente è circondato dai suoi affetti, in un ambiente che è il rifugio della sua vita quotidiana. Essere un clown dottore in queste situazioni significa entrare con grande rispetto in uno spazio che ha un significato profondo per il paziente e i suoi cari. Spesso, i familiari vivono un forte carico emotivo, e il mio lavoro diventa anche un supporto per loro: il gioco, l'umorismo, ma anche la semplice presenza, possono alleggerire tensioni, facilitare la comunicazione e permettere di vivere insieme momenti di serenità.


Che si tratti di un ospedale o di una casa, il mio compito non è quello di ignorare la malattia o il dolore, ma di riconoscerli e accoglierli, offrendo allo stesso tempo uno spiraglio di leggerezza. Alcuni pazienti, soprattutto a domicilio, sono più stanchi, più vulnerabili, e in questi casi, il mio lavoro diventa più sottile: un sorriso condiviso, una battuta sussurrata, un piccolo gesto che dice "sono qui con te" possono fare la differenza.


Ho imparato che il tempo trascorso con un paziente terminale è prezioso. Non si tratta di quanto si riesce a far ridere, ma di quanto si riesce a creare un contatto umano autentico. La fragilità della vita diventa tangibile in queste situazioni, e il mio ruolo come clown dottore è quello di portare un po' di luce in un percorso che, pur difficile, può ancora essere arricchito di momenti di gioia, leggerezza e connessione.


Lavorare con pazienti terminali, sia in ospedale che a domicilio, mi ha insegnato il valore immenso del presente: ogni piccolo sorriso, ogni respiro condiviso, diventa un gesto di cura, un modo per dire che, nonostante tutto, c'è ancora spazio per la vita, per l'affetto, e per l'umanità.



Antonella (dottoressa Lapilla)

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